27 Nov
27Nov

Che una delle sei monarchie del Golfo non brilli per diritti umani ed equa distribuzione di risorse e denaro, non è certo roba nuova. Da privilegiata bianca occidentale mi permetto di dire shame on you. E non credo qualcuno abbia troppe obiezioni da riportare. 

Che la FIFA negli anni si sia trovata al centro di scandali di corruzione, è altrettanto faccenda risaputa. Si potrebbe replicare con un “dove gira il denaro, cosa ti aspetti!”. Chiaro. Però ecco, quando un’organizzazione di questo calibro ha in mano così tanto potere da poter quasi fare la rivoluzione, e finisce col creare un disastro Umano, allora c’è da incazzarsi. 

Questo evento mi ha portato a due riflessioni, ma una ve la risparmio chè tanto posso gestirmela scaricando un po’ con una corsa (...chissà), l’altra è banale ma più utile ad una riflessione: tutto è politica. Lo diceva lo scrittore tedesco Thomas Mann, perfettamente scomodato dagli autori della pellicola francese “Cena tra amici”, che ne approfitto per consigliarvi come faccio da 2-3 anni a questa parte con i miei amici più stretti. Vabe' poi ne parleremo meglio in un altro momento perché ci sono un paio di cosine da dire su questo film. 

Dicevamo. Tutto è politica, anche una scelta apparentemente ingenua e slegata da qualsiasi intento sinistro come un Mondiale in Qatar, o che so io, in Giappone. Come si è arrivati a scegliere questo Paese per la coppa del mondo 2022? 

Vi do un solo dato dal quale forse forse un pensiero potrebbe seguire. Nel 2010 l’ex segretario generale della FIFA Jerome Valcke fu il primo a mostrare apertamente la sua preferenza per Paesi come il Qatar e la Russia per disputare gli attuali Mondiali. Un po’ stupidamente (Jerome Jerome…) non si tirò indietro nel dimostrarsi affascinato dall’idea che, in un posto con meno democrazia fosse più semplice organizzare una coppa del mondo. Ritenne fosse più conveniente una monarchia, dove il capo di Stato può decidere per chiunque altro, rispetto ad un Paese come la Germania dove -che rogna!!- si deve negoziare su diversi livelli ed ogni processo risulta rallentato da cavilli burocratici.

Valcke, ovviamente, non era il solo a vederla così. Di idee affini fu l’allora presidente francese Sarckozy. Vi do un altro dato, ma fateci quel che volete: 6 mesi dopo la scelta definitiva del Qatar, quest’ultimo acquistava beatamente aerei da caccia francesi con un investimento da più di 14 miliardi di dollari. Un caso, ovviamente. 

Il Qatar, dunque, venne preferito agli Stati Uniti, alla Corea del Sud e al Giappone, nonostante la sua candidatura non avesse affatto le carte in regola a causa delle precarie condizioni, invece assolutamente necessarie, per realizzare un evento di tale portata. Questa scelta però, per quanto definitiva (e s’è visto) non mancò di conseguenze importanti. 

Infatti, la mancata assegnazione agli Stati Uniti, primo Paese prediletto per i Mondiali 2022, diede avvio ad una serie di indagini per mano americana per trovare le prove di una corruzione così silenziosamente rumorosa. Nel 2014, alcuni dirigenti, tra cui lo stesso Valcke, diedero le dimissioni. Nonostante questo, il Qatar iniziò ad attrezzarsi per accogliere un evento maestoso, avviando un imprescindibile processo di modernizzazione del Paese che al tempo risultava più deserto che mai (si contavano solo 2 mln di abitanti), torrido e assolutamente impreparato ad un qualsiasi evento, figuriamoci ad un Mondiale. La manodopera proveniva da paesi poveri, come India, Bangladesh ed Africa, sfruttata e costretta a condizioni di lavoro che disumane è dire poco. Ad oggi, senza tutti quei lavoratori emigrati (compresi le famose 6500 morti), i Mondiali di calcio non ci sarebbero mai stati. 

Il resto lo stiamo sentendo in questi giorni.

Qatar, quindi

SHAME ON YOU. 

FIFA, pure tu.

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